giovedì 7 settembre 2017

Recensione del volume "La formazione del mediatore" (Maria Martello)


Il libro è del 2014 e, dopo una prima rapida lettura -fatta quando lo acquistai- ne ho approfittato questa estate per una lettura più esaustiva ed approfondita. Innanzitutto, faccio una considerazione sull’autrice (psicologa e giudice onorario presso il Tribunale dei minorenni di Milano), tra le poche -in Italia- capace di “toccare” le corde della mediazione come essa dovrebbe essere, così lontana dalla visione “giuridico-centrica” che mi pare si stia sempre più facendo strada nella mediazione del nostro paese. Una mediazione che sfiora l’aspetto giuridico e normativo per esplorare ed approfondire invece l’aspetto culturale e di sviluppo del dialogo, delle relazioni e delle persone.


Tornando al volume, nella IV di copertina c’è scritto che “si propone di rendere possibile una radicale mutamento di mentalità onde consentire al mediatore professionale […] di disporre di una differente prospettiva per comprendere le complesse relazioni tra i fatti e le persone”. E in conclusione sottolinea che è “un’occasione per sviluppare la propria umanità”Un volume pertanto che alza lo sguardo dalla sola mediazione (come metodo-principe di gestione costruttiva delle controversie) per rivolgere la sua attenzione ad un campo (quello della formazione), in cui l’essere umano, nella sua ampiezza, sviluppa le potenzialità di cui dispone.

In questo senso, tanti sono gli aspetti che hanno colpito la mia attenzione; ne riporterò alcuni, distinguendoli per tipologie di argomento.

E’ NECESSARIA UNA NUOVA MENTALITA’
Iniziamo da uno dei temi che mi sta più a cuore sulla mediazione (e che condivido con tanti colleghi), ossia la necessità, nel nostro paese, di arrivare ad una nuova mentalità, maggiormente favorevole ad una risoluzione “alternativa” delle controversie. Maria Martello riprende spesso questo tema ed uno dei passaggi più significativi del volume parla della necessità di dedicare alla mediazione il giusto tempo ed il giusto spazio per comprenderla pienamente, perché “tutti credono di conoscerla, sovente assimilandola a forma conciliative in passato sperimentate, ma spesso dai deludenti esiti […]” (pag. 25). Così, la nuova mentalità comporta anche l'opportunità di considerare la mediazione come qualcosa che esiste in maniera indipendente da altre forme di risoluzione delle controversie e non qualcosa che è una sotto-specie di istituti già esistenti, che per “assonanza” qualcuno afferma, in modo superficiale, di conoscere senza poi averla realmente “praticata”.

LA FORMAZIONE E’ PER LA PERSONA
Altro tema che ritroviamo lungo tutto il “percorso” del volume riguarda la formazione umanistica. “Al centro degli interessi e delle scelte educative non vanno posti i contenuti, bensì la specificità dei destinatari, in modo tale da offrire esperienze di valore in grado di incidere positivamente sull’esistenza e sui comportamenti, mettendo al bando ogni forma di omologazione e standardizzazione che sacrifichino l’originalità di ciascun adulto” (pag. 125). 
Su questo tema, la Martello parla anche del Manifesto per la formazione umanistica, redatto nel 2012 da studiosi (tra cui Pier Luigi AmiettaGiampiero Quaglino, Pino Varchetta, ecc.) della Casa della Cultura di Milano. Il Manifesto, che riporta i dieci principi basilari per la formazione degli adulti, si chiude con tre domande fondamentali per i  formatori; domande che rappresentano una sfida sul nostro modo di intendere l’apprendimento e la formazione ed al tempo stesso sono un invito fatto a tutti noi lettori per partecipare attivamente -attraverso il nostro contributo- al suo sviluppo.   

LE PAROLE-CHIAVE DELLA FORMAZIONE
Sempre su questo tema, nel volume troviamo un altro spunto davvero originale della Martello, ossia il Quadro di sintesi dei principali profili del processo di formazione. Un vero e proprio “glossario” che contiene anche una serie di domande (alcune molto importanti) le cui risposte daranno a noi stessi ed agli altri il “senso” del nostro modo di fare formazione (anzi, direbbe l’autrice, di “essere formatori”).


LA FACILITAZIONE
Riprendendo il tema del volume, uno spunto fondamentale riguarda lo stretto collegamento tra mediazione e formazione in termini di “facilitazione” (della gestione delle controversie la prima e dell’apprendimento la seconda), che da anni è anche al centro delle mie ricerche ed approfondimenti. 
In particolare, Maria Martello parla di “formazione che sia metafora di quello che avviene in mediazione” e che per questo motivo non si deve limitare a proporre ai partecipanti “una ‘batteria’ di casi di esercitazione”, ma “deve contemplare la presentazione di più modelli operativi, l’esposizione degli interventi possibili durante un incontro di mediazione, nonché la spiegazione degli elementi di metodologia generale e specifica”. Ma soprattutto, “deve tendere allo sviluppo della qualità richieste a un mediatore […], la capacità di dialogo esercitato, prima che con gli altri, con sé stessi” (pag. 139). Ed ecco un altro degli spunti che rendono splendido questo volume… il richiamo al lavoro su sé stessi, che riconosciamo essere uno dei pilastri fondamentali dell’attività del mediatore come del formatore.

METODOLOGIE DI MEDIAZIONE
Lo studio di Maria Martello non resta fuori dal terreno delle metodologie di mediazione, anzi, la sua impostazione metodologica va oltre il modello c.d. “problem solving” di cui solitamente si parla nei corsi di formazione sulla mediazione civile e commerciale. Infatti, l'approccio della Martello nasce dall’incontro con il modello umanistico di Jacqueline Morineau, quello di Gary Friedman ed il modello trasformativo di Joseph Folger. Ed è un incontro tutt’altro che superficiale, tanto è vero che in un capitolo molto interessante approfondisce questi approcci per proporre un modello di mediazione di tipo filosofico-umanistica. 
Rispetto ai contenuti del volume, certamente, questo passaggio rappresenta forse un salto di qualità nella formazione e che richiede ai lettori maggiori conoscenze sul tema. In questo senso, ad es. per i corsi sulla mediazione civile e commerciale, lo vedo più come un contenuto da corsi di aggiornamento che da corso-base. Tuttavia, resta intatto  il valore di un'esplorazione su specifici percorsi di approfondimento (in un quadro editoriale quale quello del nostro paese che troppe volte si ferma ai principi di base) che lo pone fra le opere migliori e maggiormente approfondite da me lette sul tema della mediazione.

LE COMPETENZE DEL MEDIATORE
Sulle competenze del mediatore un discorso a parte meritano le c.d. “Life skills” (“abilità sociali, non naturali e non convenzionali da apprendere e costantemente sviluppare”), vero e proprio elemento sistemico di apprendimento, declinate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità oltre venti anni fa. Sono suddivise in tre tipologie di abilità (emotive, cognitive e relazionali), alcune davvero importanti per la gestione delle controversie (come ad es. la comunicazione efficace, le relazioni efficaci e l'empatia) e tutte, invece, fondamentali per lo sviluppo della persona nella sua totalità.

IL CONFLITTO
Maria Martello viene da una notevole ricerca ed esperienza sui conflitti (cito ad es. il suo volume Oltre il conflitto, Mc Graw-Hill, 2002) e non poteva mancare un approfondimento sul tema anche in questo, presentato attraverso tante forme simboliche diverse. Tra queste, quella che mi ha colpito di più va indietro nel tempo, addirittura ad Aristotele e riguarda il “dilemma” di un capitano che, sorpreso da una tempesta, si ritrova costretto a scegliere se gettare le merci preziose, salvando così la nave, o rischiare, affrontando la tempesta con il carico nella stiva. Noi siamo i capitani della nave e le tempeste sono i conflitti che viviamo. E’ come affrontiamo in conflitti-tempeste che fa la differenza per noi uomini-capitani.

LE CITAZIONI ILLUSTRI
Uscendo dal piano dei contenuti, il volume è interessante anche perché riporta tante citazioni “ispiranti” per chi si occupa di gestione delle controversie. Tra tutte, quella che preferisco (anche per la mia passione musicale) è quella tratta dalla canzone The Sound of silence di Paul Simon ed Art Garfunkel. Un vero e proprio invito a riflettere sull’importanza dell’uso efficace delle parole e sul primo degli assiomi della comunicazione (“non si può non comunicare”) elaborati dalla Scuola di Palo Alto.

PERCHE’ QUESTO VOLUME INTERESSA AL FORMATORE
Io credo che ogni libro letto, ogni film visto, ogni canzone ascoltata (e mi fermo qui perché ognuno di noi ha i suoi “strumenti” e metodi preferiti per avere ispirazioni sulla propria professione e -più in generale- la propria vita) rappresenti anche il modo per integrare ciò che fa e trovare il modo di “rileggere creativamente” i contenuti, dandone una sua interpretazione applicativa, andando anche oltre quello di cui parla l’autore. 
Come ho scritto anche nel mio Ciak… Motore… Form_Aaaazione!(Palinsesto, 2016), il formatore, è, a suo modo, un regista “sui generis” che utilizza secondo le sue “corde” ogni "cosa" che lo può ispirare, in perfetto clima di auto-formazione. Certo, non sempre è possibile, tuttavia mai come in questo caso mi sono fermato spesso a scrivere un appunto su come modificare questo o quel materiale, a come “ripensare” una esercitazione, un role-play tra quelli che normalmente utilizzo o integrare qualcosa su un articolo o monografia scritta. 

COSE (POCHISSIME) SU CUI, INVECE, NON MI RITROVO
Concludo con giusto un paio di cose sui cui, nel volume, non mi ritrovo: 
A) la Martello scrive che la mediazione è “il nuovo volto della giustizia”. Ecco, sinceramente, non me lo aspettavo. Nel senso che, sulla base degli argomenti trattati -e soprattutto del taglio del volume- questa affermazione mi ha in qualche modo “spiazzato”. Perché, dal mio punto di vista, la giustizia è, e resta, quella che, più o meno tutti, conosciamo. Certo, soprattutto nel nostro paese, deve migliorare in tante cose (ma non approfondisco perché lascio questo aspetto a chi ne sa sul tema molto più di me), ma certamente non vado in mediazione per “ottenere giustizia”, ma per trovare un accordo soddisfacente sulla base dei miei interessi. Perché la mediazione è un’altra cosa ed ha a che fare con la “cultura delle relazioni e del dialogo”. Per questo, deve portare all’approfondimento di temi che fino ad oggi sono rimasti fuori dalla formazione non solo dei giuristi, ma di tanti altri tipi di professionisti. Per questo, come dico sempre, non si deve pensare alla mediazione come ad un argomento di cui parlare solo a Scienze Giuridiche, ma deve essere un vero e proprio "tormentone" in tutte le facoltà come metodo di gestione efficace delle relazioni interpersonali.
B) La Martello dice che nessuno dei corsi offerti in Italia risponde a seri principi formativi. L’affermazione mi sembra netta e, soprattutto, non motivata. Mi domando, quindi, cosa la porti a dire una cosa del genere, visto che esistono diversi colleghi che -nella loro attività- si pongono nella stessa ottica (in termini di obiettivi, etica e prospettiva “personale”) di cui parla l'autrice. Io -umilmente- ritengo di essere tra questi, anche per la mia attività all’interno dell’Associazione Italiana Formatori. E lo stesso vale per i tanti formatori (iscritti all’AIF e non) che, come me, sono accreditati dal Ministero della Giustizia (teorici e/o pratici) per i corsi sulla mediazione civile e commerciale. Ora, è vero che spesso esiste una carenza organizzativa in tanti enti di formazione (nati, dopo il DM 180, senza una specifica esperienza nel settore della formazione), è vero che 50 ore di formazione sono pochissime (e questo lo sanno tutti) per diventare mediatore civile e commerciale e che la formazione dei mediatori di diritto pone limiti ancora più bassi di durata e quindi di efficacia della formazione. Per non parlare dei corsi di aggiornamento per formatori che difficilmente trattano temi strettamente legati all’apprendimento ed alla formazione ed il più delle volte riguardano invece aggiornamenti normativi. Ma è altrettanto vero che in tanti operatori della mediazione sanno che “formarsi” e prepararsi è cosa ben diversa dal “prendere un attestato” e soprattutto, oltre agli aspetti tecnici, è fondamentale andare sugli aspetti metodologici e comportamentali.

Tuttavia, questo ultimo aspetto, rappresenta solo un passaggio, che nulla toglie al significato ed al merito di un volume molto importante non per gli aspetti normativi o tecnici, ma per gli aspetti metodologici rilevanti sia per la mediazione che per chi fa formazione (anzi, “è” formatore, sembra suggerire Maria Martello). In sintesi, un libro assolutamente da leggere, perché così diverso da tutti gli altri pubblicati in Italia sul tema.

Maria Martello, La formazione del mediatore, UTET Giuridica, Milano, 2014.

Post ripreso dal sito di Youniverse (1 settembre 2017)

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